Il film Modì che racconta gli ultimi tre giorni a Parigi di Amedeo Modigliani, il pittore e scultore che si dibatte tra il dolore della creazione e l’incapacità di riconoscimento da parte di un mondo che lo respinge – è un viaggio visionario. La pellicola, diretta da Johnny Depp dopo un lungo silenzio dietro la macchina da presa, segna il ritorno di un regista che, nel tentativo di narrare la tragedia di un genio incompreso, finisce per creare un’opera che rasenta il caos. Riccardo Scamarcio, nel ruolo di Modigliani, dà vita a un personaggio che galleggia tra il mito e l’inferno, portando sullo schermo la sofferenza di un artista troppo grande per il suo tempo. Un mix di esuberanza visiva e tormento interiore, Modì si svela come una riflessione sulla solitudine della creazione, un inno alla ribellione contro il sistema che soffoca i grandi spiriti.
Trama
Parigi, 1916. La città è un campo di battaglia: la guerra e l’influenza spagnola si intrecciano tra le strade deserte, mentre il futuro di un artista – e la sua stessa esistenza – sono in bilico. In questo scenario cupo, tra il fumo delle taverne e il riflesso degli occhi delle sue muse, Modigliani (Riccardo Scamarcio) si perde in un vortice di alcol e povertà, cercando di dare vita alle sue visioni artistiche in un mondo che non sa apprezzarle. Lontano dai salotti parigini e dalle gallerie d’arte, il pittore vive nel disagio, ma trova nella sua musa, Beatrice Hastings (Antonia Desplat), un’unica luce che illumina il suo cammino. È lei, come un angelo dannato, a diventare l’incarnazione di una passione che brucia senza sosta, un amore tormentato che si dipinge sulla tela e si riflette nel corpo nudo di Beatrice, che Modigliani ritrae in tutta la sua vulnerabilità.
La sua arte è un grido di ribellione, ma anche una solitudine indicibile, un’espressione di un estro che nessuno vuole riconoscere. Tra fughe rocambolesche e incontri con figure mitiche, come il collezionista d’arte Maurice Gangnat (Al Pacino), il film esplora la lotta interiore di Modigliani, diviso tra il desiderio di esprimersi e l’incapacità di farlo in un mondo che lo rifiuta. La pellicola prende vita nel conflitto tra la sua visione artistica e le forze materiali e mercantili che la circondano. A che cosa serve un’opera se nessuno la sa apprezzare? E, soprattutto, chi è il giudice dell’arte? È un’interrogazione che attraversa il film e che culmina in un incontro tra Modigliani e Gangnat, dove il mercante d’arte mette in discussione la sua maturità artistica, sminuendo il valore di una vita dedicata alla pittura.
Depp e il doppio ritratto dell’artista maledetto
In Modì, Johnny Depp non racconta semplicemente la vita di Amedeo Modigliani, ma si riflette in essa. La figura dell’artista maledetto è, infatti, una sorta di autoritratto del regista stesso, un uomo che ha visto il suo volto pubblico trasformarsi in un’icona di ribellione e auto-distruzione. Modigliani, come Depp, è il prototipo del genio incompleto, incapace di adattarsi a una società che non sa come catalogarlo. Il regista infonde nel personaggio una parte di sé, facendolo diventare quasi una maschera di un’auto-analisi profonda. Se nelle prime scene del film Modigliani si comporta da “pirata” in un ristorante, saltando sui tavoli e spaccando la vetrina, la sensazione che si ha è quella di trovarsi di fronte a un personaggio che sfida il mondo, proprio come il capitano Jack Sparrow, la sua maschera più celebre. Ma la follia di Modigliani, come quella di Depp, è ben più oscura e tormentata, e la sua lotta è quella di chi crea arte non per denaro, ma per la pura necessità di esprimere il suo dolore.
Nel film, il regista inserisce anche una riflessione sul ruolo del critico d’arte e sulla mercificazione dell’opera: l’artista che crea non per vendere, ma per manifestare se stesso, e il mercante che è pronto a ignorare il valore dell’opera per inseguire il profitto. Modigliani, infatti, è l’incarnazione di quella frustrazione che l’artista maledetto prova quando la sua genialità non viene compresa, e la sua lotta contro il mondo del commercio e della critica è uno dei temi centrali del film. La disillusione di Modigliani, come quella di Depp nel suo ritorno alla regia, emerge da ogni scena, e lascia lo spettatore con un senso di impotenza e malinconia.
Un’opera imperfetta ma autentica
Nonostante la sua evidente imperfezione tecnica, Modì resta un tentativo affascinante di raccontare la follia creativa di un genio. La regia di Depp, seppur a tratti confusionaria e non sempre fluida, trasmette comunque una passione viscerale per il personaggio e la sua tormentata esistenza. La pellicola non è solo un racconto biografico, ma una riflessione sull’arte, sulla sua creazione e sul suo riconoscimento, un’invocazione alla liberazione dal giogo commerciale che rischia di soffocare la purezza della visione artistica. Come Modigliani, Depp stesso sembra volersi liberare da un’etichetta e dal peso di una carriera che lo ha reso prigioniero di un’immagine. L’artista, come l’uomo, è costretto a fare i conti con la solitudine della propria genialità e con un mondo che non sa come trattarlo. La sfida di Modì, quindi, è la sfida dell’artista: non si crea per essere amati, ma per essere liberi.